Sono passati circa tre mesi dalla “sparizione” del musicista rock cinese Li Zhi: un tour nello Sichuan è stato cancellato a febbraio e i suoi account sui vari social media sono stati chiusi. Inoltre, la sua musica è stata rimossa dai principali siti di streaming cinesi ed è quasi come se il folk rocker quarantenne di Changzou, nello Jiangsu, non fosse mai esistito provando a navigare su internet in mandarino.
Nel 30/o anniversario dei tragici fatti di Tiananmen, Li ha avuto la “responsabilità” d’aver toccato temi sociali dando voce a un malessere diffuso, malgrado la poderosa avanzata economica e geopolitica del Dragone, arrivando ad affrontare il tema tabù delle proteste pro-democrazia degli studenti, soppresse dai militari nel sangue il 4 giugno del 1989. Titoli come “La Piazza” o versi come “ora questa piazza è la mia tomba” o “tutto è solo un sognare” sono sufficienti, è il sospetto, a “turbare” l’ossessione del Partito comunista cinese per la stabilità.
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