Dieci dei 53 migranti a bordo della Sea Watch ferma al limite delle acque territoriali italiane, sbarcheranno a breve a Lampedusa. Lo sbarco, secondo quanto si apprende, è stato autorizzato per 7 di loro perché necessitano di cure mediche, e per 3 accompagnatori. I migranti verranno trasferiti a Lampedusa con una motovedetta della Guardia Costiera.
“Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal Nuovo Decreto Sicurezza. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
“Il centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare di Roma ha annunciato un controllo sanitario a bordo. Ci stiamo avvicinando alla posizione dell’incontro, in acque internazionali davanti a Lampedusa”. Lo scrive Sea Watch in un post su Twitter tornando a chiedere un porto sicuro per far sbarcare i 52 migranti salvati tre giorni fa. “Tutti loro – si legge – hanno bisogno di protezione, tutti hanno bisogno di avere la terra sotto i piedi”.
“Noi non lo faremo mai”. Così Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italy, commenta su Twitter le richieste di portare in Libia i 52 migranti salvati tre giorni fa. “Il fatto che la Libia non sia un porto sicuro non è una nostra valutazione – spiega -. Riportando indietro queste persone commetteremmo un respingimento collettivo, un crimine per cui l’Italia è già stata condannata. La Libia è internazionalmente non riconosciuta come un porto sicuro e lo dice la stessa missione Onu in Libia, l’UInhcr, la commissione Europea, la nostra Farnesina, lo stesso nostro ministro dell’Interno in tv lo scorso 25 maggio e il presidente libico Al Serraj. Negli ultimi dieci giorni sono stati bombardati un ospedale e un aeroporto e sono stati distrutti diversi quartieri. Questo è il Paese dove ci si dice di riportare queste persone soccorse”.
“Ciondolano nel Mediterraneo e giocano sulle pelle dei migranti, ma l’Italia non si fa dettare le regole dell’immigrazione da una Ong tedesca che usa una nave olandese fuorilegge. Non pensino di passarla liscia”. Matteo Salvini rinnova e rilancia a testa bassa le accuse contro Sea Watch, che da oltre 24 ore è al limite delle acque territoriali italiane, ad una quindicina di miglia da Lampedusa, dopo aver rifiutato il porto ‘sicuro’ di Tripoli che le autorità libiche hanno offerto per la prima volta da quando, ormai più di un anno fa, hanno istituito la propria zona Sar. E il ministro dell’Interno trova una sponda nel premier Conte che, da Malta dove partecipa al vertice dei paesi Ue del Mediterraneo, chiede “maggiore trasparenza da parte delle Ong” sottolineando che la Guardia costiera libica “ha già fatto diversi interventi”. La situazione resta dunque di stallo, anche perché l’unica certezza al momento è che i 52 migranti soccorsi martedì a 47 miglia dalle coste africane non torneranno in Libia. Non lo dice solo la Ong, ribadendo che in “un paese in guerra non esiste un porto sicuro” ed esponendo a bordo della nave due striscioni con scritto ‘open ports, open hearts’: il monito ad evitare quello che, di fatto, sarebbe un respingimento collettivo, arriva anche dall’Ue. “Tutte le navi con bandiera europea sono obbligate a rispettare il diritto internazionale e il diritto Sar in mare, che comporta la necessità di portare delle persone in un posto o porto sicuro. E la Commissione ha sempre detto che queste condizioni non si ritrovano in Libia”, sottolinea uno dei portavoce della Commissione ricordando però che Bruxelles non ha le competenze per dire dove una nave debba sbarcare i migranti. Salvini continua però a ribadire che i porti italiani “sono sbarrati”, chiede che la nave “vada verso il Nord Europa” e, soprattutto, confida sul fatto che “ci sono tutti i mezzi e gli strumenti legislativi necessari” per impedire l’ingresso della Sea Watch in Italia. Il riferimento è ovviamente alle norme inserite nel decreto sicurezza bis che però, almeno al momento, non sono operative. E lo dimostra il fatto che ieri il titolare del Viminale è stato costretto ad emanare una direttiva ad hoc per tentare di fermare la nave. Il decreto, che prevede tra l’altro la possibilità di confiscare le navi in caso di reiterazioni delle violazioni e una sanzione fino a 50mila euro, non è infatti ancora entrato in vigore. Approvato martedì dal Cdm, il provvedimento è stato bollinato dalla Ragioneria ed è stato firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma deve ancora essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Un ritardo dovuto “solo ad un problema tecnico” nella relazione che accompagna il testo della norma ‘spazzaclan’, già risolto, dicono dal Viminale, assicurando che entro poche ore il decreto sarà in Gazzetta Ufficiale. Si vedrà alla fine chi sarà ad aprire i porti, ma la verità è che lo stesso Salvini sa bene che la Libia, oggi, non è un porto sicuro. E’ lui stesso ad ammetterlo quando chiede che l’Ue “si svegli e blocchi a terra le partenze, rendendo sicuro
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