Cinquantacinque minuti al giorno, nemmeno un’ora di lavoro, “e centoundici euro” alla fine del mese in busta paga. Tra le centinaia di lavoratori delle pulizie delle poste – appalto gestito dalla società Manitalidea – c’è anche Renata Ibba di San Sperate. Il suo stipendio mensile è forse tra i più bassi in circolazione e, anche se è rapportato al numero di ore effettivamente lavorate, offre l’idea della crisi gigantesca nella quale “navigano” ancora troppi sardi. “È così da quattro anni, prima almeno facevo due ore e mezzo al giorno e portavo a casa 250 euro, poi sono tornata indietro perchè ogni ditta che è subentrata ha offerto sempre meno, andando al ribasso”, confessa la Ibba. Impossibile, per qualunque essere umano, vivere con centoundici euro al mese, a meno che non si sia ereditata una fortuna. Nel caso della 55enne, l’ancora di salvezza è rappresentata dal marito: “Sono sposata, non sono mai andata a cercare altri lavori così come non ho mai accettato di fare sostituzioni di colleghi perchè, tanto, non pagano puntuali nemmeno gli straordinari o le trasferte”. Niente figli, l’addetta alle pulizie delle poste confessa che “a me ci pensa mio marito, ma ho comunque vergogna nel dire che guadagno così poco”.
Quello che è certo è che, alla sua età, dover dipendere da un’altra persona, per quanto sia il marito, non è propriamente piacevole: “Non posso togliermi nessuno sfizio”. E, se la situazione lavorativa non dovesse cambiare, la Ibba è netta: “Meglio dire addio a centoundici euro e starmene a casa che lavorare e non vedere nemmeno quelli”. E la pensione? “Quella è già andata a farsi benedire, diciamo che sono una lavoratrice fantasma, come una goccia d’acqua nell’oceano”.
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