Quartu, la denuncia di una disoccupata: “Truffata dopo aver pagato due caparre per un appartamento” Casteddu On line

Ha messo un annuncio su un famoso portale internet, “Cerco trivano, no busta paga. Contratto di affitto per un anno”, e da lì sarebbe iniziato il suo lungo calvario, fatto di caparre versate, richieste di soldi e un appartamento che ha visto solo un paio di volte. Il racconto della presunta truffa subita da Susanna Matta, 53enne quartese, è messo nero su bianco in una querela fatta ai carabinieri (dove viene fatto anche il nome della presenta truffatrice). La donna, “separata e disoccupata” e, attualmente, ancora in cura dopo un intervento di mastectomia avvenuto qualche anno fa, vive in una casa famiglia. Il dieci giugno scorso, visto che “a breve dovrei lasciare la struttura”, la donna “ha messo su Subito.it un annuncio” per la ricerca di una casa. Per i soldi l’aiuto è arrivato “dai servizi sociali di Quartu, mi hanno versato la somma di 600 euro che avrei dovuto utilizzare per un’eventuale caparra”. La 53enne ha pubblicato su internet anche il suo numero di telefono e, “dopo mezz’ora”, è stata contattata “da una donna, si è presentata come una commercialista proprietaria di un appartamento al Quartello lasciatole in eredità dal padre”. Sempre stando alla denuncia fatta ai carabinieri, “la donna mi ha inviato le foto dell’immobile” e avrebbe dato appuntamento alla signora la sera stessa. Così, insieme ad altre due persone, la Matta si è presentata all’appuntamento all’orario stabilito “e le ho consegnato seicento euro dopo aver visitato l’appartamento. Mi ha consegnato le chiavi del portoncino d’ingresso invitandomi ad andare ad occupare l’immobile già dalla notte stessa e mi ha firmato un manoscritto”, meglio, un foglio, dove viene “certificato” il ricevimento dei seicento euro. Appena tornata nella comunità, la presunta truffatrice avrebbe inviato altri messaggi alla Matta, “chiedendomi se era andato tutto bene con il Comune per avere gli altri seicento euro e se la prossima volta sarei venuta da sola”. 
Il giorno dopo, l’undici giugno, Susanna Matta ha versato la seconda caparra, “soldi che mi sono stati anticipati dalla suora responsabile della struttura”, alla donna: “Mi aspettavo che mi consegnasse il contratto di affitto, ma mi ha detto testuali parole: ‘Non posso consegnartelo perché manca l’agibilità della veranda e sto sistemando la cosa al catasto’”, dicendo alla 53enne di “non preoccuparsi, se il Comune non ti dà i soldi poi per gli affitti ti offro la possibilità di non pagarmelo se guardi i miei bambini”. Una richiesta, quest’ultima, che è suonata strana alle orecchie della disoccupata alla disperata ricerca di una casa, ma che ha comunque accettato “visto che mi ritrovo senza lavoro”. Il terzo giorno l’epilogo: Susanna Matta ha raggiunto la sua nuova dimora, “ma ho sentito subito delle voci all’interno, ho suonato il campanello”. All’interno c’erano “un uomo, dei bambini e la signora che mi aveva affittato la casa”, spiegando che uno dei bambini “non stava bene, perciò ieri ci siamo fermati qui a casa ma per oggi sarà tutto pulito ed in ordine per voi”. Susanna Matta è andata via speranzosa, ma poco dopo ha ricevuto una telefonata, sempre dall’affittuaria: “Mi ha chiesto di incontrarci in piazza IV Novembre e mi ha detto che per fare il contratto” le servivano “altri 1800 euro perché” doveva iniziare “i lavori con i muratori per rimontare una vetrata che se no mi blocca l’agibilità”. La Matta si è rifiutata di versare altro denaro, l’affittuaria ha provato a convincere un’altra persona che era insieme alla 53enne ma non c’è stato nulla da fare. “Ho capito di essere stata truffata quando, la donna che mi voleva affittare casa, parlando con la persona che era insieme a me, le ha detto di aver acquistato la casa tempo fa, mentre all’inizio mi aveva detto di averla ereditata”. Insomma, dalle carte della querela sembrano emergere rimpalli, rinvii e 1200 euro versati per una casa nella quale, Susanna Matta, non ci ha mai potuto trascorrere nemmeno mezza giornata. “I carabinieri mi hanno detto che casi simili possono finire anche in tribunale. Certo, il dispiacere più grosso è l’aver buttato al vento tanti soldi, chissà se un giorno potrò riaverli indietro”.

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