Cagliari, allarme al Brotzu: “A rischio chiusura i centri trapianti di cuore e fegato” Casteddu On line

“A rischio i centri trapianti di cuore e fegato al Brotzu”. È l’allarme di Attilio Carta, segretario Uil Fpl.

“Si sono platealmente confermate, infatti, tutte le nostre osservazioni le quali, in assenza di una puntuale e competente pianificazione complessiva, potrebbero avere nefaste ripercussioni sui soggetti più deboli, i pazienti. Le poche notizie che trapelano, infatti, non fanno presagire nulla di buono. Ad oltre due mesi dalle elezioni, vista la frustrante realtà, francamente ci si aspettava qualcosa di più rassicurante. Con la superficialità e l’insensibilità non si va da nessuna parte. E’ del tutto evidente, altresì, che lo stress lavorativo accumulato dagli operatori di tutte le professionalità, esploso così drammaticamente, sia del tutto inconciliabile con le peculiari attività del più grande polo sanitario della Sardegna. Preoccupano altresì le recenti notizie attestanti che il Brotzu sia tra le maglie nere per le liste d’attesa e che il Centro Trapianti di Cuore sia a rischio chiusura e verosimilmente, a seguire, anche di Fegato. Una drammatica realtà per la popolazione dell’intera Sardegna”.

I sindacati elencano le azioni da compiere. “Per invertirne la tendenza urge una nuova pianificazione futura, agendo su più fronti: 1. in quanto alle liste d’attesa, non se ne esce se le strutture interessate non si utilizzano tutti i giorni e con orari di attività nettamente più ampi rispetto agli attuali. Ma i matrimoni non si fanno coi fichi secchi. Perciò vanno ripristinate sia le risorse economiche, utilizzate spesso in modo impropriamente variegato che, e soprattutto, quelle umane, ripianando urgentemente l’insopportabile “gup” degli organici; 2. invece, per scongiurare la nefasta ipotesi chiusura dei Centri Trapianti, è assolutamente inderogabile rimodulare l’intero sistema attuale. Considerando bacino d’utenza, disponibilità di organi e numero di interventi è innanzi tutto indispensabile rinvigorire, a tutti i livelli, l’apparato complessivo al fine di recuperare la motivazione degli operatori oltre che incoraggiare il più possibile la preziosa sensibilità dei donatori. Ma non basta. In futuro, guardando oltre i confini sardi, per stare al passo coi tempi, si dovrebbe ipotizzare un nuovo progetto con una visione più ampia e articolata che, come eccellenza, veda il Brotzu quale attraente centro “mediterraneo” di riferimento nel sud Italia. Ciò però stride vistosamente con la realtà attuale in quanto, affermatosi come eccellenza dai primi anni 90, i numerosi colpi bassi inferti da più arti nel tempo al Brotzu, a lungo andare, ne stanno minando proprio la sua iniziale specialità. L’aspetto più inquietante comunque resta, sempre, il dubbio che ciò possa non essere solo frutto di una mera recente catastrofica improvvisazione gestionale ma che, il problema, potrebbe persino avere origini più lontane. Con una discreta memoria storica, riavvolgendo e proiettando di nuovo la pellicola, è possibile ripercorrere alcune tape piuttosto significative. Nella seconda metà anni 2000, dopo il progetto Fase 1, per la sperimentazione di nuovi farmaci propedeutica all’eventuale certificazione per l’autorizzazione della loro immissione in commercio, il Brotzu avviò la procedura per il riconoscimento, da parte del Ministero della Salute, dello status di IRCCS. Gli Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico sono ospedali di eccellenza che, tra le altre finalità, perseguono quella di ricerca prevalentemente clinica e transazionale, nel campo biomedico. Del suo iter, come un treno deragliato su un binario morto, non se ne sa più nulla. Il silenzio odierno potrebbe, però, riservare delle amare sorprese. Nell’ottobre 2014 l’allora premier, il ministro alle Infrastrutture e il presidente della RAS firmarono a Roma, con la Qatar Foundation Endowment e la Fondazione Gemelli, lo storico protocollo per il completamento e rilancio, proprio come IRCCS, dell’ex S. Raffaele di Olbia. Il 20 gennaio 2015 al neo commissario dell’AO Brotzu, tra gli altri, le venne prefissato anche l’obiettivo del perseguimento, seguendone l’iter già avviato, del suo riconoscimento e attestazione Ministeriale quale IRCCS. A maggio 2015, i tre succitati rappresentanti istituzionali regionali e nazionali, parteciparono all’inaugurazione dell’importante centro sanitario privato di Olbia. Nel settembre 2016, come d’incanto, all’atto della conversione del suo ex incarico da commissario, al neo Direttore Generale non le venne più prefissato, invece, l’obiettivo di perseguire, per il Brotzu, lo speciale riconoscimento Ministeriale di IRCCS. Infine, in tutta fretta e a ridosso delle ultime elezioni di febbraio 2019, con un aggiornamento del succitato accordo iniziale del 2014 parrebbe sia stata prevista una modifica del numero di posti letto e stabilito anche incrementi della tariffa a sostegno delle attività formative svolte a seguito di eventuali specifiche convenzioni con le Università Sarde. In pratica ulteriori fondi a favore del Mater Plan di Olbia. Pare altresì che in caso di recesso per inadempienza della RAS la penale a suo carico sarebbe nettamente superiore rispetto a quella che invece, in caso contrario, graverebbe sul Mater Olbia. Ammesso e non concesso che ciò sia frutto di una interminabile sequenza di casualità è oramai improcrastinabile un serio e oculato approfondimento su l’intera vicenda da parte di tutti, cittadini compresi. Preso atto, infine, della drammatica situazione in cui versa l’AO-Brotzu è assolutamente assurdo che a tutt’oggi lo stesso sia ancora senza una dirigenza legittimata. Ma è altrettanto grave che la scelta per la guida del più importante polo sanitario pubblico sia alla mercé di tristi pressanti spartizioni politiche all’interno della maggioranza in regione. Senza alcun dubbio, i cittadini della Sardegna tutta non meritano questo penoso scenario ma vogliono, e pretendono, che la gestione di un’eccellenza sanitaria pubblica come il Brotzu sia basata esclusivamente su conoscenza, sensibilità e soprattutto competenza. Altrimenti si dica pure chiaramente che sarà come sempre, anzi forse anche peggio”.

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