All’Ersu di Cagliari le “libere uscite” dei dipendenti furbetti: a spasso, in profumeria o dal parrucchiere Casteddu On line

Il cartellino da timbrare prima di ogni uscita dal palazzone dell’Ersu di Cagliari? Esisteva, sì, ma veniva “dimenticato” in tasca o nel portafoglio. Le indagini che hanno portato a scoprire i furbetti del cartellino dell’Ente regionale per il diritto allo studio universitario iniziano nel 2009, dopo le lamentele ricevute dal comandante della stazione dei carabinieri di Stampace: molti universitari “avevano segnalato ripetute assenze dall’ufficio durante l’orario di servizio da parte di diversi dipendenti dell’Ersu, con conseguenti frequenti disservizi”. Così, le Forze dell’ordine hanno deciso di voler vederci chiaro: due le indagini svolte – la prima tra l’8 e il diciassette settembre 2009 – “periodo di intensa attività per l’ente”,…, “stante la scadenza dei termini per la presentazione dei ricorsi in relazione all’assegnazione delle borse di studio”, e l’altra dal 13 al ventinove ottobre dello stesso anno, tutti i giorni lavorativi e, quando c’era il rientro, non solo le mattine ma anche i pomeriggi. Dopo aver individuato i volti degli impiegati anche grazie ai loro profili personali di Facebook, i militari hanno pian piano scoperto il meccanismo-truffa: il cartellino non veniva “strisciato” nella macchina apposita dai ventuno dipendenti furbetti, che così potevano andare in chiesa, in profumeria, dal parrucchiere, a seguire corsi d’inglese o a farsi, più semplicemente, gli affari loro gravando, però, sulle casse pubbliche: a fine mese, infatti, non c’era nessuna decurtazione della paga. “Normale”, visto che nessuno li aveva mai beccati.

 

I militari hanno fatto un raffronto tra le ore effettivamente lavorate e i guadagni anche grazie all’ausilio di un perito informatico, che ha copiato i dati memorizzati nel terminale in cui veniva passato il badge e li ha riversati in un documento cartaceo. Poi, gli è bastato annotare le entrate e le uscite dei dipendenti “certificate” dai militari, che hanno poi provveduto a capire se fossero autorizzate o meno. Raffrontando i dati e compiendo dei calcoli algebrici è stato possibile appurare il danno economico “cagionato all’ente” da ciascun dipendente furbetto. Tutto il resto, o quasi, è storia già nota: i processi di primo e di secondo grado tra il 2016 e il 2017 con le relative condanne, “cristallizzate” poi dalla Cassazione. Ecco, nel primo articolo sul tema di Casteddu Online, le pene previste: basta cliccare qui .

L'articolo All’Ersu di Cagliari le “libere uscite” dei dipendenti furbetti: a spasso, in profumeria o dal parrucchiere proviene da Casteddu On line.

All’Ersu di Cagliari le “libere uscite” dei dipendenti furbetti: a spasso, in profumeria o dal parrucchiere Casteddu On line

Il cartellino da timbrare prima di ogni uscita dal palazzone dell’Ersu di Cagliari? Esisteva, sì, ma veniva “dimenticato” in tasca o nel portafoglio. Le indagini che hanno portato a scoprire i furbetti del cartellino dell’Ente regionale per il diritto allo studio universitario iniziano nel 2009, dopo le lamentele ricevute dal comandante della stazione dei carabinieri di Stampace: molti universitari “avevano segnalato ripetute assenze dall’ufficio durante l’orario di servizio da parte di diversi dipendenti dell’Ersu, con conseguenti frequenti disservizi”. Così, le Forze dell’ordine hanno deciso di voler vederci chiaro: due le indagini svolte – la prima tra l’8 e il diciassette settembre 2009 – “periodo di intensa attività per l’ente”,…, “stante la scadenza dei termini per la presentazione dei ricorsi in relazione all’assegnazione delle borse di studio”, e l’altra dal 13 al ventinove ottobre dello stesso anno, tutti i giorni lavorativi e, quando c’era il rientro, non solo le mattine ma anche i pomeriggi. Dopo aver individuato i volti degli impiegati anche grazie ai loro profili personali di Facebook, i militari hanno pian piano scoperto il meccanismo-truffa: il cartellino non veniva “strisciato” nella macchina apposita dai ventuno dipendenti furbetti, che così potevano andare in chiesa, in profumeria, dal parrucchiere, a seguire corsi d’inglese o a farsi, più semplicemente, gli affari loro gravando, però, sulle casse pubbliche: a fine mese, infatti, non c’era nessuna decurtazione della paga. “Normale”, visto che nessuno li aveva mai beccati.

 

I militari hanno fatto un raffronto tra le ore effettivamente lavorate e i guadagni anche grazie all’ausilio di un perito informatico, che ha copiato i dati memorizzati nel terminale in cui veniva passato il badge e li ha riversati in un documento cartaceo. Poi, gli è bastato annotare le entrate e le uscite dei dipendenti “certificate” dai militari, che hanno poi provveduto a capire se fossero autorizzate o meno. Raffrontando i dati e compiendo dei calcoli algebrici è stato possibile appurare il danno economico “cagionato all’ente” da ciascun dipendente furbetto. Tutto il resto, o quasi, è storia già nota: i processi di primo e di secondo grado tra il 2016 e il 2017 con le relative condanne, “cristallizzate” poi dalla Cassazione. Ecco, nel primo articolo sul tema di Casteddu Online, le pene previste: basta cliccare qui .

L'articolo All’Ersu di Cagliari le “libere uscite” dei dipendenti furbetti: a spasso, in profumeria o dal parrucchiere proviene da Casteddu On line.