I tamburi, la musica a tutto volume ma, soprattutto, la libertà di sfilare. Chi in maglietta è jeans, chi si è portato dietro una zaino e chi sfila indossando, sopra, solo un reggiseno o, in al neo due casi, in topless (ma la “copertura” c’è comunque, grazie ai colori atossici che si possono utilizzare sulla pelle). Ancora: famiglie con bambini, psicologi, la chiesa Battista (da sempre favorevole a unioni civili e matrimoni tra persone dello stesso sesso). E poi, immancabili, i cartelli. Tantissimi, e quasi tutti all’insegna dello sfottó: “Mi piace la patata ma sono comunque alla parata”, “free hugs”, “mamma stai tranquilla, sono lesbica, non fascista”. E poi le scritte contro la Lega e Salvini.
“Noi gay siamo contronatura? Sbagliato, sono contronatura i meridionali che votano la Lega”, “tranquilli, è solo il Sardegna Pride, non una riunione pro-Lega” e “è comunque una manifestazione più sobria di Pontida. Quarantanove milioni di bacioni”.
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