L’ultima speranza per il porto industriale di Cagliari rimane un intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri, altrimenti si rischia il tracollo. Il possibile rilancio del porto canale si è arenato. Il ministero dei Beni culturali ha detto no alla riedizione delle autorizzazioni paesaggistiche, che sbloccherebbe gli investimenti nell’infrastruttura. Lo ha ribadito a Roma nel corso di una riunione con l’Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna: da solo non può fare nulla.
Non può, cioè, concedere al porto di Cagliari lo sblocco dei vincoli paesaggistici congelati da anni e riesumati da un’ultima sentenza del Consiglio di Stato che in pratica dice che lo scalo industriale del capoluogo non aveva tutte le autorizzazioni per essere costruito. E invece venne realizzato. Non fuori legge: il via ai cantieri era stato dato legittimamente in attesa delle decisioni sui ricorsi in tribunale. Le opere sono state finite ma utilizzate prima dei tempi della giustizia. Con l’ultima decisione del Consiglio di Stato si è però creata una situazione di stallo. E’ vero che non si può demolire tutto.
Ma allo stesso tempo qualsiasi progetto futuro si scontrerebbe con il vizio originario: il problema delle autorizzazioni paesaggistiche. In ballo interventi per circa 90 milioni di euro fondamentali – dice l’Authority – per il rilancio dello scalo. Soprattutto ora che la Cict, principale terminalista del traffico container, ha avviato la procedura di licenziamento per 210 dipendenti e che diverse altre aziende stanno mandando a casa gli addetti o sono in procinto di farlo. “Senza lo sblocco – spiega il presidente dell’Autorità dei porti dell’Isola Massimo Deiana – non si possono realizzare insediamenti per oltre novanta milioni. E si crea anche una situazione di mancata chiarezza che scoraggia interventi e investimenti. Speravamo di poter risolvere tutto, invece i tempi, preziosi in momenti difficili come questo, si allungano. Ora confidiamo nella Presidenza del Consiglio dei ministri”.
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