Il ridotto uso di farmaci equivalenti in Italia pesa per oltre 1,1 miliardi l’anno nelle tasche dei cittadini, che lo sborsano volontariamente per pagare la differenza di prezzo tra il prodotto di marca e quello no brand. Una cifra pari al 38% dei quasi 3 miliardi annui spesi complessivamente dagli italiani per il ticket sanitario. E’ quanto emerge da un report dell’Osservatorio Gimbe, realizzato integrando i dati del Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti con quelli del Rapporto Osmed 2018 sull’utilizzo dei farmaci in Italia.
Uno dei punti su cui si sofferma il report Gimbe è la differenza tra la quota fissa per ricetta e la differenza, rispetto al prezzo di riferimento, pagata dai cittadini che scelgono di acquistare il farmaco di marca al posto dell’equivalente. Nel 2018 dei 1,608 miliardi sborsati per il ticket sui farmaci, solo il 30% è relativo alla quota fissa per ricetta (8 euro pro capite), mentre il rimanente 70%, ovvero 1,126 milioni (18,6 euro pro capite) è imputabile alla scarsa diffusione dei no brand.
Dati che ci collocano al penultimo posto su 27 Paesi dell’Ocse per il consumo di ‘generici’. “Spicca – sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – l’ostinata e ingiustificata resistenza ai farmaci equivalenti nelle Regioni del Centro-Sud nelle quali si rileva una spesa per i farmaci di marca più elevata della media nazionale”. In particolare: Lazio (24,7 euro pro capite annuo), Sicilia (24,2), Calabria (23,6), Campania (23), Basilicata (22,1), Puglia (21,9), Abruzzo (21,5), Molise (21,3).
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