Policlinico di Monserrato, “Una giornata al pronto soccorso tra file e attese interminabili” Casteddu On line

Un lunedì di agosto come un altro, si preannuncia una giornata di fuoco già dalle prime ore del mattino, niente di nuovo per l’estate cagliaritana se non l’essersi svegliati con uno strano e preoccupante disturbo di salute che presto ci porta presso l’ambulatorio del medico curante. Fatta una prima serie di controlli, il medico ritiene opportuno (e doveroso) approfondire i controlli nell’immediato e dispone l’invio al Pronto Soccorso. Contattato un parente per la dovuta compagnia, ci rechiamo presso il Pronto Soccorso del Policlinico di Monserrato, forti del fatto che dista pochi chilometri dalla nostra residenza. E’ una tarda mattinata dove il termometro dell’auto segna già 36°, raggiungiamo la zona ingresso e nasce il primo problema: i parcheggi vicino all’ingresso del Pronto Soccorso sono a pagamento ed è anche difficile trovarne qualcuno libero, il paziente scende e l’accompagnatore si reca presso la struttura. Il primo incontro è con la guardia giurata a cui vengono chieste informazioni, del resto è la prima volta e non conosciamo i percorsi da seguire in questa imponente struttura pubblica, ci viene indicata la porta dove suoneremo al citofono in attesa che qualcuno apra; infatti pochi minuti dopo aver premuto il pulsante del citofono, la porta scorrevole di apre e si affaccia un infermiere. Il rappresentante del personale paramedico si mostra gentile, mentre gli porco il foglio predisposto dal medico curante, ma è un attimo e dalle mie spalle sbucano cittadini in attesa, si capisce che sono parenti di pazienti che sono già all’interno del P.S. e chiedono informazioni, voglio accedere, insomma sono al quanto agitati e preannunciano già vibranti proteste. Dopo qualche minuto il cortese infermiere mi fa accedere e accomodare a fianco di un PC, qui vengono rilevati i primi dati clinici che serviranno per determinare l’assegnazione del codice, dopo un primo screening, mi viene detto di attendere per completare i dati di anamnestici, quindi dall’esterno dell’ambulatorio continuano a suonare il citofono, primi nervosismi tra i parenti, chi chiede informazioni, chi vuole entrare. Mi viene assegnato il codice verde e vengo invitato ad accomodarmi nella sala d’attesa, già gremita e con l’aria condizionata che fatica a stemperare gli animi. Lo sguardo si posa su un monitor sistemato a parete, il riepilogo in tempo reale della situazione dei pazienti in visita, suddivisi in codici e orario di accettazione, il tempo di visita previsto è leggermente al di sopra delle due ore, sono le 13.05. Mettiamo in conto che oggi il pranzo salterà e attendiamo una chiamata dal personale addetto, nel frattempo assistiamo ad un via vai continuo e imperterrito, infatti il P.S. in questione, svolge anche il servizio di Oculistica, sicuramente l’unico in provincia. Le guardie giurate intanto si danno il cambio, anche medici e paramedici fanno il cambio turno e tra un’ambulanza e l’altra il tempo scorre lentamente nella ormai calda sala d’aspetto, i tempi di attesa stimati nel monitor ora marcano le oltre 5 ore. Finalmente alle 18.36 vengo richiamato dal personale paramedico che ripete i controlli diagnostici iniziali, consulto con i medici e decisione di visita specialistica, trasferimento in reparto e visita specialistica, valutazione dei referti e diagnosi, tra una cosa e l’altra si fanno le 21, la temperatura delle sale interne del P.S. è bassa, inizio ad avere freddo, quando con il foglio di dimissioni mi accingo a lasciare la struttura ospedaliera con un po di serenità in più rispetto a quando ci sono entrato. All’uscita è la voce della guardia giurata a richiamare l’attenzione: “Lei è esente?” Dice un signore di mezza età con addosso una perfetta uniforme da vigilantes, rispondo di no e lui subito si adopera per illustrarmi le varie modalità di pagamento, giusto, c’è il ticket da onorare, l’ultima incombenza prima di riprendere la strada di casa e archiviare questa giornata trascorsa nei meandri della sanità pubblica. Non è facile capire le dinamiche di un Pronto Soccorso, tanto meno non si riesce a capire il perché di un afflusso così sostenuto e continuo ed i meccanismi che generano un servizio che sembra non piacere a nessuno (sia operatori che pazienti), una sfida in più da affrontare per coloro che vorrebbero cambiare (in meglio) i servizi sanitari, c’è tanto da fare, penso, mentre tra le prime luci della notte lascio il Policlinico di Monserrato.

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