Ha tra le mani il cartello, diventato ormai “famoso”, con la scritta “Parlateci di Bibbiano” e, sotto, due paia di scarpette bianche. Vorrebbe tanto vederle ai piedini dei suoi due nipotini – che oggi hanno nove e undici anni – Antonia, residente nell’hinterland di Cagliari. Da tre anni, però, è impossibile: “Erano a casa insieme a me, mio figlio lavorava tutto il giorno e sua moglie stava male. Sono venuti gli assistenti sociali e ce li hanno portati via perchè, per loro, la nostra casa era fatiscente. Non è vero, al piano di sopra avevamo degli animali ma quello di sotto è sempre stato messo bene”, racconta. Una casa spaziosa, secondo Antonia: “Con cinque stanze e messa in grazia di Dio, con anche mobili antichi”. Eppure, la decisione di chi è venuto a bussarle alla porta è stata solo una: i due bambini, lì, non potevano più stare. “All’inizio ce li hanno fatti vedere, poi no. Sono tre anni, dal 2016, che sappiamo dove stanno ma non possiamo andare a trovarli”. Antonia, come tante altre persone, ha partecipato al sit-in davanti al tribunale per i minorenni di Cagliari, organizzato per chiedere chiarezza e verità, anche nell’Isola, dopo il “polverone” del caso affidi scoppiato a Bibbiano.
“Adesso mia nuora sta meglio e io figlio lavora. Voglio che i miei nipotini tornino a casa dalla loro famiglia”, afferma, intristita ma decisa, la nonnina.
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