La ricostruzione al momento è un miraggio e le macerie sono lì a ricordare una tragedia iniziata tre anni fa quando la notte del 24 agosto 2016 la terra tremò violentemente per la prima volta portando morte e distruzione nel Centro Italia. Ma per i borghi dell’Appennino umbro-marchigiano il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare.
L’ANSA ha raggiunto, dal versante marchigiano, Castelsantangelo sul Nera (Macerata) e Castelluccio di Norcia, approfittando della riapertura momentanea della strada che collega i due paesi di fatto cancellati dai terremoti e che si trovano a una manciata di chilometri l’uno dall’altro. La gente che ha scelto di restare a viverci più che residente si definisce “resistente”, come Maria Brignardello, una vita da architetto e poi il ritorno a Castelsantangelo. “La scelta di restare – racconta – è stata obbligata, altrimenti questi borghi non verrebbero più ricostruiti. Ma vivere qui è difficile – sottolinea la donna -. Per raggiungere il primo supermercato, ad esempio, dobbiamo fare 30 chilometri”. In questi giorni di agosto di turisti ne sono arrivati tanti, ma la gente di qui sa bene che poi tornerà un altro inverno e farà di nuovo buio presto.
“Molti hanno scelto di rifarsi una vita lontano da Castelsantangelo”, racconta un commerciante mentre sta smaltendo del cartone. Insomma, il rischio spopolamento, iniziato già prima del sisma, adesso rischia di materializzarsi. “La popolazione si è dimezzata e noi più anziani la ricostruzione non la vedremo mai realizzata”, dice Franco Brizi, 81 anni e titolare di uno dei due bar delocalizzati appena fuori dalla “zona rossa”. Che segnala anche un altro disagio: “Qui e in tutti questi centri dell’Appennino colpiti dal sisma i giornali non arrivano più, non ci è consentito nemmeno di leggere”. Salendo in direzione Castelluccio, approdando sul versante umbro del sisma, le dinamiche e le preoccupazioni sono le stesse.
“Gran parte di coloro che qui avevano le seconde case e oggi non hanno un punto di appoggio, a Castelluccio non tornano più e questo è un duro colpo per l’economia locale”, spiega Gianni Coccia, agricoltore e anima del borgo. Ma il tema più sentito anche all’ombra del monte Vettore è quello della ricostruzione: “Che io non vedrò, come non la vedranno molti dei proprietari, gran parte anziani, delle case da ricostruire, perché come minimo ci vorranno 20 anni”, dice Amerigo Coccia, che a Castelluccio è anche il vicepresidente della Pro loco. Il presidente è invece Diego Pignatelli, uno dei ragazzi più giovani che su Castelluccio hanno deciso ancora di scommetterci: “Questa è la terra dove sono nato e cresciuto e voglio continuare a viverci, anche se è molto dura. Per fortuna – sottolinea – a darci una mano sono i turisti che continuano a salire a Castelluccio”. Turisti che come arrivano sul Pian Grande restano a bocca aperta per la bellezza del paesaggio per poi rimanere attoniti di fronte alla montagna di macerie che è oggi Castelluccio.
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