Responsabilità e serietà, nel segno di un “nuovo umanesimo” senza colore politico e che, in fondo, rappresenta il trait d’union tra il “Conte 1” e il “Conte 2”. Sin dal suo discorso alla Vetrata il premier incaricato Giuseppe Conte si prepara a formare un governo che rispecchi più il suo stile e che abbia, forse anche in qualche profilo della squadra dell’esecutivo, la sua impronta. Ma non l’attende una trattativa facile, con il nodo vicepremier a tenerlo in costante pressione tra un Luigi Di Maio deciso a non abdicare a questo ruolo e un Pd che, a partire da Nicola Zingaretti, punta a un vice unico che faccia riferimento al Nazareno. Certo, rispetto al maggio 2018 il raggio d’azione per il premier è molto più ampio. Tanto che nel M5S si dicono sicuri che se Conte si adoperasse per tenersi Di Maio vice alla fine il Pd si convincerà. L’incognita, tuttavia, sta nel grado di incisività che Conte vorrà metterci. Un incisività sulla quale, al momento, il Movimento resta prudente.
E’ in un lungo pranzo con il presidente della Camera Roberto Fico che il presidente incaricato, nella sua prima giornata di consultazioni, affronta forse i nodi più delicati del futuro governo. La sintonia tra i due è ormai accertata e Fico e Conte, al momento, rappresentano un asse deciso a far sì che il governo giallorosso non nasca zoppo. Spetterà quindi a Conte decidere se, per il nuovo esecutivo, sarà un maggior danno scontentare Di Maio o Zingaretti.
E, non a caso, si affaccia con prepotenza, in queste ore, l’ipotesi che Conte non nomini vice e punti solo su un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. E’ nel weekend che il premier farà il punto sulla squadra provando a sciogliere il nodo vicepremier, dal quale deriva tutta una serie di problematiche, dal commissario Ue all’assegnazione al M5S di ministeri “pesanti”. I vertici M5S non prendono neppure in considerazione l’ipotesi di due vicepremier che non siano né Di Maio né Zingaretti. Ipotesi dettata da chi, nella prima giornata di consultazioni, poneva in Transatlantico un quesito: se il leader del Pd è fuori dal governo perché Di Maio dovrebbe essere vicepremier? Il M5S, insomma, non cede e la votazione su Rousseau, infondo è un’ulteriore arma di pressione messa in campo.
Il voto potrebbe essere indetto mercoledì prossimo, ovvero il giorno dopo che Conte vedrà, stando alla probabile scaletta di queste ore, i gruppi che formeranno la nuova maggioranza e il giorno prima del possibile giuramento. Nel Pd, ovviamente, lo schema è opposto: quello di un vicepremier Dem e un sottosegretario scelto da Conte, considerato, con decisione, emanazione del M5S. Il problema è che nel discorso al Quirinale Conte non ha mai nominato il M5S né i Dem stessi, svolgendo una sorta di manifesto programmatico “a-colore”.
Nella prima giornata di consultazioni il presidente incaricato affronta anche il “nodo dei piccoli”, decisivi per la maggioranza al Senato. Maggioranza che potrebbe essere ulteriormente blindata con una opposizione “calibrata” di una parte di Forza Italia, almeno nelle suggestioni trattativistiche che stanno circolando in queste ore. Intanto, il professore incassa il sì del Psi (un senatore, Nencini), dell’Union valdostane ma solo l’astensione di Svp. +Europa tace al momento, divisa tra la “mozione” Bonino, contraria all’alleanza Pd-M5S e quella Tabacci, favorevole. Partiti piccoli ma decisivi, assieme a Leu per la sopravvivenza giallo-rosso. Per questo è probabile,che a Articolo 1 o Sinistra Italiana vada alla fine anche un ministero.
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