Oncologia, Sdr: “Forti perplessità su accorpamento del Businco al Policlino di Monserrato” Casteddu On line

“L’accorpamento del “Businco” di Cagliari al Policlinico di Monserrato, annunciato dall’assessore regionale della Sanità Mario Nieddu, come paziente oncologica mi suscita notevoli perplessità. Il “Businco” è nato autonomo e finché lo è stato si è distinto per la qualità dell’assistenza. Negli ultimi anni invece è stato accorpato all’Azienda Ospedaliera “Brotzu” di Cagliari con risultati tutt’altro che esaltanti per i pazienti. Un nuovo accorpamento potrebbe svilirne ulteriormente il ruolo”. Lo ha detto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, intervenendo all’incontro sul ruolo delle associazioni di volontariato e dei pazienti oncologici al 42mo Congresso nazionale della Società Italiana Chirurghi Oncologi in svolgimento a Cagliari.
Secondo la responsabile di SDR, dopo l’accorpamento al “Brotzu” si sono dilatati i tempi per gli interventi al seno e ginecologici, per ottenere i risultati degli esami istologici e per l’accesso alle cure chemioterapiche. Si sono registrate carenze di materiali per i presidi. Del tutto inadeguato il supporto sociale e psicologico e assente un percorso specifico per le donne metastatiche.
“Dopo questa esperienza, con Sale Operatorie non sempre agibili e la Rianimazione ancora da ristrutturare, un paziente – ha sottolineato – guarda con preoccupazione a un altro accorpamento con una struttura universitaria che è votata alla didattica e alla ricerca, che dista diversi chilometri dal “Businco” e che rischia di trasformare un Nosocomio che si è guadagnato in Sardegna il ruolo di Hub (principale centro di riferimento per le malattie oncologiche) grazie alla qualità dei suoi professionisti oncologi, chirurghi, senologi e infermieri in un satellite dell’Ateneo cagliaritano”.
“A parte i ruoli delle diverse figure professionali tra dipendenti ASL e Universitari, quello che spinge a riflettere è proprio la nuova funzione che l’oncologico andrebbe a ricoprire. L’auspicio è che a prevalere sia il meglio per i pazienti con l’attivazione della Rete Oncologica regionale, i punti di accesso territoriali e la qualità e appropriatezza dei servizi con un approccio interdisciplinare al tumore e una visione complessiva della persona che lo contrae”.
Si è poi soffermata sulla situazione della Sanità Penitenziaria con particolare riferimento alla Casa Circondariale di Cagliari-Uta.
“A 8 anni dalla Riforma che ha sancito il passaggio della Sanità da Ministero della Giustizia alla ASL, nonostante sia stato istituito, l’Osservatorio Regionale sulla Sanità Penitenziaria non funziona. Si è registrata – ha aggiunto – una burocratizzazione del sistema interno al Penitenziario. L’efficienza dell’approccio al paziente se è fondamentale per il cittadino libero, diventa determinante per chi si trova in cattività. Occorre dare risposte rapide. Invece se ci sono i professionisti spesso mancano i farmaci. I detenuti si sentono abbandonati. Non vengono effettuati screening sistematici. La REMS con 16 posti, senza alcuna altra alternativa, ha determinato la presenza nelle celle di un’altissima percentuale di detenuti in doppia diagnosi. Esiste un Centro Clinico con 25 posti ma per le donne private della libertà non c’è neanche una cella per l’osservazione psichiatrica. Pazienti oncologici e dializzati con il Cellulare dell’Amministrazione vanno avanti e indietro per le cure perché non c’è neppure un repartino in un ospedale.
Insomma occorre una verifica sull’efficienza del sistema tenendo conto della complessità di un mondo considerato estraneo alla società. Una realtà di serie B che – ha concluso – non interessa, dimenticando che il diritto alla salute prescinde da aggettivi è garantito per tutti liberi e non”.

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