Sono sparpagliati in alcune zone della città – al Parco della Musica, in piazza Yenne, attorno al mercato civico di San Benedetto – e sono, spesso, riempiti sino all’orlo e oltre. I cassonetti bianchi della raccolta di vestiti usati hanno i due loghi di Comune e De Vizia, e a gestirli è “una società privata che ha stretto un accordo con la stessa De Vizia. Gli abiti possono anche essere rivenduti, non c’è l’obbligo di donarli ad associazioni o enti”, spiega l’assessore comunale dell’Igiene del suolo Alessandro Guarracino. In pratica, se un paio di pantaloni o un maglione sono ancora in buono stato, non si buttano. “So che la società gestisce questa raccolta in vari Comuni e si muove un po’ in tutta Italia”. I primi contenitori sono comparsi già da oltre due mesi, e sono già tanti i cagliaritani che, almeno una volta, hanno gettato oltre il maniglione uno o più sacchi pieni di abiti. “È un servizio che permette al Comune di incentivare il riciclo e di risparmiare per lo smaltimento dei vestiti”, assicura Guarracino. “Noi, comunque, non siamo entrati nel merito all’accordo stretto dalla De Vizia”. Ma, se un privato può giustamente andare alla ricerca di altre aziende, sullo sfondo rimangono i cumuli di sacchi pieni di jeans, scarpe, camicie e giacche ammassati fuori dai contenitori.
“Più di una volta è capitato che qualcuno li abbia aperti, tirando fuori i vestiti e, poi, abbia scelto quelli da portare via. Abbiamo ricevuto più di una segnalazione”, spiega Guarracino, “spesso si tratta di poveri”. Dal versante dell’azienda incaricata allo svuotamento dei cassonetti dei vestiti usati – la Euro Recuperi, sede a Viterbo – parla il titolare, Alfio Marconi: “Da voi a Cagliari i contenitori sono ancora pochi, pian piano li aumenteremo. Sono pieni perchè siamo nel periodo del cambio di stagione. Noi abbiamo stretto un accordo con la De Vizia che prevede il ritiro degli indumenti” e, poi, c’è la piena libertà sul loro utilizzo: “Li rivendiamo a delle aziende, italiane e straniere, che li recuperano e li riciclano. Non posso certo darli in beneficenza”, spiega Marconi, “io gestisco una ditta che da lavoro a molti operai. Gli enti caritatevoli, poi, non lo possono nemmeno fare perchè sono rifiuti”.
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