“Da anni sosteniamo che l’Aias sia incapace di operare in un settore tanto delicato come quello della riabilitazione. Lo dicevamo, gridavamo soli soletti, mentre altri, tanti altri erano disposti se non ad affiancare a fare gli gnorri e continuare a sostenere che l’azienda, in fondo, garantiva l’assistenza e il mantenimento di 1200 posti di lavoro”. Lo scrive in una lunga nota Salvatore Drago, a nome del sindacato Usb.
“Loro – continua la nota – incuranti delle leggi della fisica basilare, hanno continuato a tirare la corda, fino ad arrivare al punto di spezzarla. Erano convinti che quella fosse la corda che poteva reggere l’impiccato e che nessuno sarebbe stato in grado di reciderla, così facendo, strafottentemente facendo, hanno continuato ad incassare vagonate di soldi pubblici offrendo in cambio un servizio sempre più scadente e assistendo ad una continua emorragia di personale qualificato. I lavoratori nel frattempo non facevano altro che ascrivere nel proprio taccuino personale la montagna di stipendi arretrati non pervenuti”.
“Nella passata legislatura – si legge – il non compianto assessore e il meno compianto, per altri versi, Moirano, avevano avuto un barlume di resipiscenza escogitando una formula (SA DOMU) in grado di rompere questo assurdo monopolio e scandalo vivente. Lo ha fatto fuori tempo massimo e con molti difetti; l’attuale Giunta, pensando di dover in qualche modo rendere il favore ricevuto in campagna elettorale dalla Famiglia, come primo atto, ha reso vano quel tentativo non rendendosi conto che si trattava di un inutile accanimento terapeutico. Altre vagonate di soldi sono transitate verso l’Azienda e nel frattempo i dipendenti AIAS apprendono che “si potrebbe arrivare ad un fallimento concordato”. Cosa è il fallimento concordato? “Rispetto alla liquidazione fallimentare dell’attivo, il concordato consente difatti al fallito di sanare definitivamente i propri debiti attraverso una sorta di accordo con il ceto creditorio, che può prevedere il pagamento anche parziale dei debiti, la dilazione o ristrutturazione degli stessi; consente inoltre la liberazione dei beni sottoposti allo spossessamento fallimentare e non espone alle possibili conseguenze penali connesse al fallimento”.
“Fallimento concordato?” si chiede Drago. “Non sarebbe meglio chiamarlo una solenne presa in giro per i lavoratori e per i creditori? I giudici hanno la facoltà di decidere secondo scienza e coscienza, sta ai dipendenti chiedere conto alla classe politica che ha permesso che si arrivasse a questo punto. A loro spetta il compito di dimostrare, con i fatti, che le politiche di relazione, se non di aperto conflitto di interessi, sposata dall’attuale Giunta e da quelle che l’hanno preceduta non possono avere che un epilogo: quello del fallimento! Un fallimento annunciato, e che solo chi aveva deciso di dotarsi di paraocchi non voleva vedere. “Nel giro di 72 ore sarà tutto risolto” aveva sentenziato l’Assessore Nieddu. Ad essere trascorsi non sono 72 ore ma, più di 72 giorni (Ricordiamo per inciso che un giorno è composto di 24 ore più qualche minuto) e i lavoratori sono sempre più, lo diciamo con un eufemismo, “inguaiati” ed incazzati. Molti di loro con lettere di dimissioni pronte”.
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