Quando i poliziotti si sono recati a casa dei genitori di Antonio Piras per comunicare loro la triste notizia dell’uccisione del figlio e, contemporaneamente, chiedergli di andare insieme a loro per il riconoscimento del cadavere, loro sono letteralmente caduti dalle nuvole: “Nostro figlio trovato morto in quella zona di campagna? E che ci faceva lì?”. Così hanno risposto agli agenti: a raccontare ulteriori dettagli della brutale uccisione del 35enne sestese – freddato da una fucilata che l’ha colpito all’altezza del pezzo, un omicidio per il quale è già stato rinchiuso a Uta il 60enne Aldo Soru – è il capo della squadra mobile di Cagliari Roberto Pititto: “I genitori di Antonio Piras ci hanno spiegato che loro figlio non aveva nessun motivo, nemmeno lavorativo, per trovarsi in quella zona del paese, non sono proprio riusciti a darsi una spiegazione”. Proprio dove è stato assassinato c’è un terreno privato, un vigneto, gestito dal 60enne finito in manette. Piras è andato sin lì a bordo dell’automobile di Soru, una Fiat Seicento. Una vita un po’ difficile, quella del 35enne ucciso con una fucilata. Era disoccupato, ed è forse questo il principale motivo per cui, alla sua età, viveva ancora in famiglia.
“Il padre e la madre hanno spiegato che stava cercando un piccolo lavoretto da fare durante l’estate, il cameriere in qualche struttura alberghiera sulle coste della Sardegna”. Stava pensando a rimboccarsi le maniche nei mesi più caldi dell’anno, insomma, il trentacinquenne. Prima che una pallottola gli spezzasse, per sempre, la vita.
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