Sconfitta sul campo, ma accolta trionfalmente da una città e un’isola letteralmente innamorate. La Dinamo Banco di Sardegna non ha vinto il secondo scudetto della sua storia, ma la grande festa andata in scena ieri sera in piazza d’Italia non è stata troppo diversa da quella del 2015, l’anno del triplete. Certo, per i giocatori, staff tecnico, dirigenti e tifosi resta l’amarezza di aver mancato il traguardo per un soffio, dopo aver trascinato una corazzata come l’Umana Reyer Venezia sino a gara7.
Ma per il popolo biancoblu resta soprattutto la gioia, l’orgoglio e la soddisfazione per un’annata da incorniciare, nonché l’affetto per una squadra che ha mostrato una compattezza, una unità, un legame per la canotta della Dinamo e per Sassari davvero eccezionali. “Siamo sempre qua”, è il coro della curva che da qualche settimana a questa parte viene intonato da Marco Spissu. E ieri l’hanno cantato le oltre 5mila persone che si sono assiepate per attendere i propri beniamini e tributare loro i giusti onori. Due notti fa la “Dinamo mania” ha contagiato tutta la Sardegna. Maxischermo e grandi adunate si sono moltiplicate a Sassari, Alghero, Porto Torres e altri centri dell’hinterland, ma alla festa non sono mancate neanche Cagliari e Olbia.
Un delirio prodotto dall’entusiasmo di un gruppo di giocatori che da febbraio in poi, quando alla guida tecnica è stato chiamato Gianmarco Pozzecco, si è reso protagonista di un miracolo sportivo: 22 vittorie di fila, dal 13/o posto in classifica alla conquista dei playoff da quarta classificata, una Fiba Europe Cup vinta – primo trofeo internazionale nella storia del club – due vittorie per 3-0 nei primi due turni dei playoff, tra l’altro contro avversari come Brindisi e, soprattutto, Milano, danno la dimensione dell’impresa compiuta dai vari Thomas, Cooley e Pierre, su cui hanno puntato gli occhi molti club europei di prima fascia, passando da Smith, Tyrus e Carter, fino ad arrivare agli italiani Polonara, Gentile e Magro, la cui solidità è stata determinante, per chiudere con il capitano Devecchi, vera chioccia e uomo-spogliatoio, e Spissu, il gioiellino cresciuto in casa ed esploso definitivamente grazie alle cure del Poz.
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