di Roberta Parisi
Mia figlia ha conosciuto mesi fa un ragazzo di Essaouira, Marocco. Si sono innamorati, una di quelle belle storie che ti stringono il cuore.
Belli, tutti e due.
Lui lavora nella sua città e lei vive e lavora a Lugano. Lei appena ha qualche giorno di fila libero dal lavoro, prende un volo easyjet e in tre ore arriva a Marrachesh, spendendo anche poco. Ha conosciuto la sua bellissima famiglia… è una che si fa voler bene, infatti l’adorano, senza pregiudizi di alcun tipo.
Perché vi racconto questa storia?
Ora ve lo dico.
Lei mi manifesta la volontà, mesi fa, di invitarlo per un mese a Lugano, “ Voglio anch’io fargli conoscere la mia città, la mia vita qui, magari veniamo in Sardegna una settimana, Cagliari somiglia tanto alla sua città… il mare, il vento”- Le spiego che non sarà facile, perché purtroppo le leggi sono molto restrittive, in Svizzera come in Italia ( In Italia poi, in questo periodo!).
Mi dice “ Mamma ha il passaporto! E i soldi per i biglietti aerei… Io lo ospito a casa mia, che problema c’è?”-
Certo, che problema vuoi che ci sia, non so come spiegartelo figlia mia, ma un ragazzo li non è libero di viaggiare, purtroppo, di spostarsi, come un ragazzo/a qui.
Ma perché?
Si inizia la trafila: l’Ambasciata Svizzera si trova a Rabat, a 350 km da Essaouira. Al primo appuntamento, forniscono la lista dei documenti da presentare, sono tanti ma si può fare, costa 60 euro ottenere il visto – Vedi mamma che è semplice? – Ritornano a Rabat, presentano tutto, fiduciosi e sorridenti e gli viene detto di ritornare dopo cinque giorni per la risposta.
Terzo viaggio, il ragazzo va da solo, è trepidante, sta andando a ritirare il visto!
Ma gli viene consegnato un foglio con la sola scritta, VISTO NEGATO. Chiede le motivazioni, gli dicono che è tutto scritto all’interno del plico.
Non è vero, non c’è nessuna spiegazione.
Mia figlia decide di chiamare l’Ambasciata e formulare un ricorso. Le dicono di scrivere una bella lettera, dove deve raccontare la sua vita e la vita del ragazzo, delle famiglie, parlare del lavoro di entrambi e della motivazione del viaggio.
“Mamma, vedrai che questa volta il visto glielo danno, questo signore al telefono è stato molto gentile”. Fare ricorso costa 200 euro.
La risposta al ricorso è stata celere, tre giorni. In poche parole, il ragazzo avrebbe tutte le carte in regola per fare un viaggio: è incensurato, ha un lavoro, ha i soldi per affrontare un viaggio, ha regolare biglietto di ritorno, chi lo ospita ha un buon lavoro e risponderà penalmente di qualsiasi cosa succeda durante il soggiorno… ma… MA…
Questa la risposta :
L’AUTORIZZAZIONE D’ENTRATA DELLO SPAZIO SCHENGEN NON PUÒ ESSERE CONCESSA A UNO STRANIERO IL CUI RITORNO NEL PAESE D’ORIGINE NON È GARANTITO, nella fattispecie, dall’insieme degli elementi forniti, dalla situazione del richiedente, giovane, celibe, senza figli a carico, non ha mai viaggiato nello spazio Schengen, non si esclude che, una volta giunto a destinazione, il richiedente non desideri protrarvi il
proprio soggiorno, nella speranza di trovarvi condizioni di vita migliori di quelle che conosce in patria.
In lacrime mia figlia mi chiede – Cosa vuol dire? Perché? Perché non sono liberi di viaggiare, di vedere il mondo come noi? Perché? Come glielo spiego questo rifiuto? Chi siamo noi per decidere se una persona può fare o no un viaggio? Lui vuole ritornare nel suo paese, vuole solo fare una vacanza, non vuole restare qui! –
“Lo so, figlia mia hai ragione, è allucinante, io
come te, non mi capacito, trovo incredibile tutto questo, ma è così. Non sono uomini liberi e noi bianchi ancora decidiamo sui neri. Se parti sarai un migrante, se sei nero, non puoi essere un turista, soprattutto non sei libero”.
Ecco perché, anche se il caso è diverso, partono clandestinamente, sfidando il mare e rischiando la vita; regolarmente, anche se ci sono le condizioni, non è concesso. I paesi del patto Schengen, la grande, civilizzata Europa, non lo concede.
“ Ma scusa mamma, se io vado a Parigi o a Londra e mi trovo bene, decido di fare un’esperienza all’estero, perché magari sto meglio lì che qui… Io lo posso fare e lui no? Siamo razzisti mamma, io mi trasferisco lì, non voglio vivere in un paese razzista”.
Voi ragazzi bianchi siete cervelli in fuga, loro sono migranti#MichelaMurgia cit
Vai figlia mia, vai dove ti porta il cuore
L'articolo “Mia figlia cagliaritana innamorata di un ragazzo marocchino: ecco come le leggi frenano l’amore” proviene da Casteddu On line.