L’arte nuragica aveva in sostanza due filoni, uno era quello retorico, Accademico e di regime, l’altro era quello libero, anarchico, oggi si potrebbe anche azzardare un “di ricerca”. Tra le due cifre di stile e linguaggio è evidente il disvalore culturale, quella era una civiltà culturale autodeterminata, in quella civiltà il pubblico aveva valore simbolico maggiore rispetto al privato. Non esiste Rinascimento in ogni dove, che non attribuisca al pubblico un valore maggiore che al privato, non un valore economico attenzione, stiamo parlando di valore simbolico comune e comunitario; certo gli artigiani autonomi nuragici si potevano permettere d’essere più liberi, non dovevano rendicontare a nessuna committente, si potevano permettere un modellato ingenuo, d’ostentare immaturità e banalità tecnica, potevano essere volgari e anche crudi nelle fattezze che rappresentavano.
Quello della Scultura nuragica popolare era irrazionalismo magico, fuori e distante da ogni norma, era un impulso di rappresentazione erotica sessuale che deformava in chiave espressionista per respingere inconsce paure demoniache (mentre la scultura monumentale retorica era emotiva ma non espressiva).
Quella nuragica popolare è arte fisica, attraverso la quale si rimuovevano mali fisici e psichici, erano figure votive per Dei che possono dare e possono togliere all’occorrenza, erano suppliche che costituivano il fondamento popolare di base della cultura nuragica, nel contempo però si tratta di qualcosa di comune a tutta la spiritualità mediterranea, ma in questa libertà votiva s’insidia anche tutta la subalternità economica di uno strato sociale, che in quest’isola non si è mai superata nei millenni, l’assenza di un’Accademia di Belle Arti a Cagliari non è forse indice di questo? Può persistere questa idea dell’arte “libera”, spontanea, irrazionale e proletaria? Si può continuare a venerare artisticamente un’idea di classe sociale dell’arte, senza che una vera Accademia di Scultura del canone nuragico, a Cagliari città metropolitana, sia mai sorta? Cosa si vuole continuare a prendere in giro, se non la miseria complessiva (economica e culturale) del popolo Sardo e della sua grande dignità complessiva? L’arte Nuragica ha avuto il valore aggiunto, d’essersi autodeterminata come “tradizione nazionale”, la Scultura e l’architettura Nuragica erano fortemente interconnesse, erano megalitismo, autodeterminazione e pratica nazionale, era spirito del popolo sardo e voglia di protagonismo, indipendenza e sovranità, era arte che aveva una sua base costituzionale in un sistema moralmente unitario, non fa sorridere tutto questo in un’isola che vede oggi l’Alta Formazione Artistica fermarsi a Sassari invece che essere una rete territoriale in grado di coprire la superficie della seconda isola del Mediterraneo, pari al 7,5% dell’intero territorio Italiano? Il codice linguistico dell’arte Nuragica non è mai stato chiuso verso l’esterno (stolto e ignorante chi lo pensa) e neanche imposto dall’esterno, la cultura artistica nuragica aveva la capacità d’inglobare le maestranze dall’esterno, questo avveniva nel nome di una causa comune, il canone nuragico era ritenuto prezioso, formalmente e simbolicamente si tramandava di generazione in generazione.
I prodotti in argilla erano sciatti rispetto a quelli in pietra, ma anche in loro si notano artigiani e maestranze colte al servizio di gente povera, erano ex voti in creta, non fusi in bronzo, erano alternativi ad altri materiali poveri utilizzati per arte votiva (cera, legno, pasta, stoffa…) che per natura effimera non sono arrivati fin noi, ma anche in questi elaborati si leggono distinguo e differenze tra committenti e stile “libero” dell’artista, molte erano statuine nude di maschi e femmine che deponevano per infermi, si toccavano l’organo punto o malato (ventri, gambe tronche, peni grandissimi ma flosci…). In sintesi, la cultura artistica nuragica è quella di un’isola remota e persa, ma della quale ancora è possibile ascoltare la coscienza segreta del suo passato tramite il suo linguaggio artistico, dare finalmente a Cagliari e tutta la sua area metropolitana, quell’Accademia Nuragica che non c’è mai stata e non si è mai autodeterminata, vorrebbe dire continuare a farla fruttare, oggi come allora, donando a Cagliari l’identità mai posseduta, di città metropolitana sarda futura.
L’opinione di Mimmo Domenico Di Caterino
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