Dopo quasi due mesi la proposta dei volontari dell’Associazione sportiva Alisardegna di mettere a disposizione della Protezione Civile i loro aerei ultraleggeri per il pattugliamento del territorio sardo è letteralmente caduta nel vuoto. La lettera di presentazione del servizio gratuito – indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Protezione Civile, alla Presidenza della Regione Sardegna, ai prefetti di Cagliari, Oristano, Nuoro e Sassari, all’Enac, alla Capitaneria di Porto, ai Carabinieri, alla Guardia di Finanza e al Corpo Forestale – non ha avuto finora nessuna risposta.
“Non possiamo che esprimere la nostra delusione per l’indifferenza mostrata dalle autorità preposte alla sicurezza per un servizio offerto a titolo gratuito da decine di volontari”, si rammaricano Pietro Satta, presidente dell’associazione AliSardegna, e Pasquale Biasioli, coordinatore del programma e presidente della CMS (Cassa di Mutuo Soccorso per i dipendenti pubblici della Sardegna).
Con questa iniziativa Alisardegna – associazione sportiva aggregata all’Aeroclub d’Italia che ha tra i fini istituzionali la promozione e lo sviluppo della pratica delle discipline aeronautiche – aveva messo al servizio della comunità sarda i propri mezzi (10 velivoli ultraleggeri tra cui un moderno idrovolante) e le proprie competenze in materia di volo offrendo, proprio per le caratteristiche dei mezzi utilizzati, un importante contributo volontario nella ricerca dei dispersi in mare, nella ricognizione anti inquinamento e in generale nella segnalazione di attività pericolose sul territorio.
“Perché il servizio possa essere attivato è necessario che le autorità manifestino il loro interesse alla nostra proposta – aggiungono Satta e Biasioli – ma finora i nostri interlocutori istituzionali sono stati inspiegabilmente indifferenti a questo servizio che ribadiamo, è reso a titolo assolutamente gratuito con esclusivo spirito volontaristico e solidale”.
L’utilizzo degli aerei ultraleggeri consente una maggior precisione rispetto ad altri mezzi più pesanti nella ricognizione e nel salvamento di persone che, con o senza imbarcazione, vengono a trovarsi in difficoltà in mare e che spesso a causa del forte vento vengono sospinte al largo rendendone impossibile il rientro ed estremamente difficoltosa la ricerca.
“La nostra speranza – concludono Satta e Biasioli – è che si sia trattato di una disattenzione e che le autorità valutino adeguatamente la buona volontà di chi ha chiesto di mettere i propri mezzi, le proprie competenze tecniche e la propria passione a disposizione della collettività. Riteniamo infatti che un servizio di questo tipo, totalmente innovativo, possa rappresentare per la protezione civile uno strumento da un lato “ausiliare” ma in talune circostanze fondamentale e preziosissimo allorchè si tratti di pattugliare vaste aree a basse velocità e quote. Peccato che le Istituzioni abbiano ritenuto di privarsi di questo “ombrello” utilizzabile se e quando ad insindacabile giudizio delle stesse autorità competenti ne avessero ravvisato l’opportunità di avvalersene.
Peraltro si tratta di un servizio suscettibile di enorme valorizzazione in termini territoriali, di aeromobili, impiegati nonché di piloti abilitati e previo coordinamento anche possibili allargamento della stessa natura d’intervento.
Appare ovvio precisare che una simile attività non può prescindere dal coordinamento Istituzionale che di volta in volta deve valutare l’opportunità e l’idoneità dell’attivazione di un servizio simile”.
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