Familiari-caregiver per i malati di Alzheimer. Si fanno carico in prima persona dell’assistenza al loro parente, ma per un sardo su cinque (20%) l’impatto è forte, provante. Ed è una situazione complessa da gestire soprattutto sotto il profilo psicologico ed emotivo. Lo rileva l’ultima ricerca dell’Osservatorio di Reale Mutua in occasione del mese dell’Alzheimer. Oltre agli impatti psicologici per un ulteriore 19% di intervistati c’è la preoccupazione delle ripercussioni sulle disponibilità economiche derivanti dai costi di cura e assistenza.
L’aspetto più difficile da gestire è il cambiamento irrevocabile nella persona e nella relazione (29%), seguito dalla sua regressione psichica (20%) e dal rischio che il paziente possa far male a se stesso o agli altri (19%). Ma quali sono, nella percezione dei sardi, i campanelli d’allarme? I più caratteristici sono l’incapacità di svolgere azioni abituali (27%) e il disorientamento spazio-temporale, che si manifesta a esempio con lo smarrirsi per strada (22%). Ci sono anche la dimenticanza dei nomi dei familiari (20%) e l’incapacità di ricordare posizioni di oggetti dentro casa (17%). I più attivi sul fronte dell’Alzheimer? In primo luogo, le strutture e le cliniche private (27%) e i servizi del Sistema Sanitario Nazionale (27%).
Seguono le associazioni nazionali o territoriali (10%). Per sostenere l’attività dei caregiver, due abitanti della Sardegna su tre opterebbero per servizi di assistenza domiciliare (69%), magari integrati da attività presso centri diurni (37%) o comunque attività dedicate durante il giorno (24%). Oltre un sardo su quattro vede inoltre una soluzione efficace nella flessibilità oraria (27%), che permette di conciliare la cura del proprio caro con l’attività lavorativa, senza dovervi rinunciare. Per affrontare e gestire con efficacia gli impatti psicologici, l’82% dei sardi si rivolgerebbe infine a uno psicologo o psicoterapeuta, magari ricorrendo ad associazioni dedicate. Un ulteriore 8% andrebbe invece dal medico di base.
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