Trent’anni fa a Praga l’inizio della fine della Ddr Cagliaripad

Il balcone dell’ambasciata tedesco-occidentale a Praga, il ministro degli Esteri Dietrich Genscher che fa lo storico annuncio troncato dal giubilo di migliaia di fuggiaschi della Ddr, un pezzo della cortina di ferro che cade incrinando il Muro di Berlino: sono passati trent’anni da quella sera del 30 settembre 1989 che verrà commemorata lunedì nella capitale della repubblica ceca anche dall’attuale capo della diplomazia tedesca, Heiko Maas, con una “festa della libertà”.

“In pratica è stata la prima pietra che fu tolta dal Muro di Berlino”, ha sintetizzato Rudolf Seiters, che all’epoca era capo della Cancelleria di Bonn. “Una pietra miliare sulla via della Riunificazione tedesca e l’inizio della fine della Ddr”, è il giudizio dell’istituto di formazione politica “Bpb”. “Siamo venuti a voi per comunicarvi che oggi il vostro espatrio …” riuscì a dire poco prima delle 19 Genscher dal balcone dell’ambasciata a circa 4.000 tedesco-orientali che esplosero in urla di gioia mentre il capo della diplomazia di Bonn aggiungeva “… nella Repubblica federale tedesca è diventato possibile”. Molti del resto stavano resistendo da settimane nello spazio ristretto dell’ambasciata, il cui giardino quella sera era reso fangoso dalle piogge.

Già cinque anni prima fuggiaschi dalla Ddr avevano cercato rifugio nell’ambasciata tedesco-occidentale nel tentativo di passare all’ovest, ma nell’estate 1989 l’afflusso era stato più massiccio: l’11 settembre era stato aperto provvisoriamente il confine tra Ungheria e Austria e si temeva che il leader della Ddr, Erich Honecker, stesse per chiudere quello tra la sua Repubblica democratica tedesca e la Cecoslovacchia. Anche grazie al clima creato dalla perestroika del leader sovietico Mikhail Gorbaciov, la polizia cecoslovacca permise che tanti scavalcassero i quattro metri di recinzione dell’ambasciata di Praga, creando però una crisi di sovraffollamento: si dormiva anche in tende e pure sullo scalone di palazzo Lobkowicz. Genscher, scomparso tre anni fa, risolse la crisi con una maratona negoziale condotta nonostante un infarto a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York col sostegno del collega sovietico Eduard Shevardnadze. Il compromesso prevedeva che i profughi passassero all’ovest già dal primo ottobre, però su treni che transitavano da Dresda, nella Ddr. Nelle settimane successive la concessione spinse altre 12-13 mila persone ad entrare nell’ambasciata finché, il 3 novembre, fu concesso loro l’espatrio direttamente nella Germania Ovest: sei giorni dopo, il 9 novembre, cadeva il Muro di Berlino.

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