Tra il 2010 e il 2015 avrebbero incendiato una decina di auto-compattatori in vari paesi del centro Sardegna con un unico obiettivo: far fuori le ditte concorrenti nelle gare d’appalto per lo smaltimento dei rifiuti.
A processo, con prima udienza fissata a Cagliari il 24 gennaio 12 persone, cinque delle quali accusate di “associazione a delinquere di matrice mafiosa”.
La Direzione distrettuale antimafia ipotizza a vario titolo anche i reati di minacce, danneggiamenti, incendi e turbativa d’asta. A capo del sodalizio “di tipo mafioso”, secondo il pm della Dda Alessandro Pili, Giovanni Maria Firinu, 60 anni di Santu Lussurgiu, dipendente della Nuova Ecoservice, specializzata nello smaltimento di rifiuti, finito in carcere nell’aprile 2017 su ordine del Gip e poi scarcerato.
Con lui anche la moglie, Francesca Piras, amministratrice della stessa ditta, e Franca Pani (direttrice). Poi Massimo Settefonti, 48 anni di Santu Lussurgiu, e e Basilio Angioi, 50 anni.
Secondo il sostituto procuratore Pili, tutto sarebbe iniziato a Tonara nel 2010 con l’incendio di alcuni auto-compattatori della ditta di smaltimento rifiuti Redento Poddie. Da quel momento in, poi per 5 anni, secondo gli inquirenti c’è stata un’escalation di attentanti in molti paesi del centro Sardegna, Torpè, Paulitatino, Buddusò e Santu Lussurgiu.
Ora, dopo che il Gup Roberto Cau ha rinviato a giudizio i 12 indagati, un processo, davanti al collegio presieduto dal giudice Giovanni Massidda, stabilirà se dietro quegli attentati c’era l’ombra della mafia.
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